Nei mercati milanesi un ospite spinoso

Presenza esotica in supermercati e negozi di frutta della città, il Fico d'India, cresce spontaneamente sulle coste mediterranee, ma viene da territori assolati e da tempi remoti.

Ha lontane origini messicane, di bell'aspetto, sfoggia colori sgargianti. Ma non si lascia toccare senza vendicarsi, è infido e pungente. Madre natura, infatti, lo ha fornito di un'arma microscopica, quasi invisibile. Si tratta di una specie di peluria pronta a infilarsi nella pelle delle vostre dita senza concedervi molte possibilità di liberarvene. Quelle piccolissime e quasi invisibili spine hanno anche un nome: si chiamano glochidi. Sono irritanti e difficili da rimuovere e provocano bruciori e prurito.

fico india 2

Stiamo parlando del Fico d'India che, in questo finale di stagione calda e arida trova il suo momento di fulgore, sfoggia la maestosità della sua struttura portante e mostra con orgoglio le sue pale verdi, che sostengono, come gioielli di una corona, i deliziosi frutti maturi.

 

Ne esitono di vari colori, dal giallo-arancione, al verde, al bianco, al rosso sanguigno. Sembra incredibile, ma è proprio quest'ultimo alla base del carminio, il colore comunemente usato nei rossetti per labbra.

 

Fino all'avvento dei coloranti sintetici, il solo modo di procurarsi quella intensa tonalità di rosso era allevare colonie di piccolissimi insetti che normalmente sciamano intorno alle piante in zone calde in prossimità del mare. Il carminio, in natura, si ricava dal corpo essiccato di un insetto, la cocciniglia del Fico d'India.

fico india

Saporita e gustosissima, la parte edibile del Fico d'India richiede abilità particolari per essere resa disponibile al palato. Esiste un metodo per estrarla dalla sua spessa buccia spinosa e gli appassionati di questo delizioso frutto sanno bene di che cosa parliamo. Dolce, saporito e dal gusto irripetibile, il frutto ha un'altra particolarità: la sua polpa è piena di piccolissimi semi, quasi dei grumi, che finiscono per essere inghiottiti senza alcun danno. Unico avvertimento: evitare di mangiare troppi Fichi d'India, perché poi l'accumulo di quei semini può causare qualche problema.

Forse non tutti lo sanno, ma del ficodindia si possono mangiare anche le pale verdi.

In insalata, condite, fritte, scottate sulla piastra o in salamoia, sono gustose e saporite.

Forse è superfluo dire che questa pianta con le sue foglie a pala è ricco di zuccheri, di vitamine ed è considerato un ottimo diuretico.

fico indiaPrickly pear tagliatelle with smoked bacon and thyme

Detto questo, come è arrivato da noi il Fico d'India o ficodindia? E che c'entra l'India? L'India c'entra soltanto nella fantasia di Cristoforo Colombo e dei suoi uomini che, avendo attraversato l'Oceano Atlantico, speravano e credevano di essere arrivati in India. E invece avevano scoperto l'America. Durante il lungo viaggio per mare, molti dei marinai a bordo delle caravelle si erano ammalati ed erano morti a causa di una malattia devastante: lo scorbuto.

A contatto delle popolazioni locali, i marinai scoprirono che anche alcuni indigeni soffrivano dello stesso male e si curavano mangiando strani frutti spinosi, mai visti in Europa. Nessuno di quegli uomini sapeva o immaginava che quei frutti contenessero abbondanti dosi di vitamina C, prodigioso antidoto contro lo scorbuto.

Così quel prodigioso frutto, molto somigliante a un fico, fu battezzato Fico d'India, anche se l'India non c'entra. Fu trapiantano sulle calde coste mediterranee e attecchì immediatamente. Gli uccelli migratori fecero il resto. Beccavano i frutti, mangiandone polpa e semi e poi… eliminavano in volo questi ultimi con la digestione. Dove i semi cadevano, nasceva e si diffondeva la prodigiosa pianta. Una bella storia, un omaggio alla natura.

Occorre dire che il Ficodindia, che i francesi chiamano figue de Barbarie per spiegare la sua provenienza da lontane terre barbariche, gli inglesi lo chiamano prickly pear, i portoghesi pêra espinhosa e gli spagnoli higo chumbo non è stato mai sfruttato commercialmente come avrebbe meritato. Solo da qualche anno si vedono in giro marmellate, confetture, succhi, gelati e granite a base di ficodindia.

A Milano, nei mercati e nei negozi di frutta, è facile trovarne in questo periodo e il consiglio è di approfittarne, di assaggiare il prodigioso e gustoso frutto. E' una vera gioia per il palato.

Ma, come dicevamo prima, per arrivare a gustarlo e per sbucciarlo occorre una certa tecnica, accurata ma non difficile. Proviamo a descriverla.

Il primo consiglio è di immergere i frutti in acqua con ghiaccio almeno per un'ora. Ciò servirà ad eliminare buona parte delle piccole fastidiose spine, oltre che a renderne più gradevole il gusto. Munitevi comunque di guanti da cucina, aiutatevi con un coltello e una forchetta che infilzerete al centro di ogni frutto per tenerlo fermo quando taglierete via la sue due estremità. A questo punto incidete con un taglio la buccia da un'estremità all'altra del frutto e aiutandovi con la punta del coltello staccate delicatamente la buccia dal frutto, senza affondare la lama nella polpa.

fico indiaHow to peel prickly pears

Per finire, gustate questa delizia della natura, sapendo che, a seconda del colore del frutto cambia il suo delicato gusto. Gialli, rossi, bianchi o verdi, sono tutti gustosissimi. In questo periodo in Sicilia vengono raccolti i frutti tardivi, chiamati bastardoni e considerati più prelibati. Se non avete mai assaggiato un ficodindia, è arrivato il momento di farlo, non ve ne pentirete.

E se, invece, conoscete il frutto e non le foglie, cioè le pale verdi, sappiate che possiedono elevate concentrazioni di sali minerali, come manganese, calcio e potassio, oltre a vitamine del gruppo A e C, un'alta percentuale di fibre idrosolubili, pur mantenendo un basso apporto di calorie. Le proprietà nutrizionali delle foglie di ficodindia contribuiscono a ridurre i livelli di glicemia e a trasformare il colesterolo cattivo in colesterolo buono, grazie all'azione delle fibre in esse contenute.

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An exotic presence in the supermarkets and fruit stands of the city, the prickly pear grows naturally along the Mediterranean coast but comes from long ago and far away.

fico india

With ancient origins in Mexico, the plant flaunts vibrant colours, but even the slightest touch is repaid by sharp pain. Mother Nature endowed it with nearly invisible little needles that infiltrate the skin of your finger and cause a maddening burning and itching sensation.

We’re talking, of course, about the prickly pear, which reveals itself in all its glory at the end of this hot, dry season, its structure standing in full majesty, proudly displaying its green paddles bursting with delicious ripe fruit, wearing the balls like jewels on a crown.

The plants come in various colours, but it is the blood-red variety that provides the base of the carmine red that is most commonly used for lipstick. Until the advent of synthetic colourings, the only way of obtaining the intense tone of red was to raise entire colonies of the tiny insects that swarm around the plants in hot areas near the sea. Natural carmine red is procured from the dry dead body of this insect, the prickly pear cochineal.

 

Sweet, bursting with an inimitable flavour, the pulp is full of tiny seeds that in small amounts are perfectly safe.

 

But be careful not to eat too much because the seeds can accumulate and cause some uncomfortable problems.

Even the green paddles of the plant can be eaten. In salads, with sauce, fried, grilled, or cured in brine, they are wonderfully full flavoured, and they are rich in natural sugars and vitamins and considered an excellent diuretic.

fico indiaJam of prickly pear

So how did the prickly pear arrive on our shores, and why is it so often associated with India? We have the Christopher Columbus to thank. He had crossed the Atlantic Ocean in hopes of finding a shorter route to India, and at first he thought that he had accomplished just that. Instead, he had discovered America. During the long sea voyage, many men became sick and died of a devasting disease, scurvy.

When they met local populations, they discovered that the indigenous people suffering from the same illness treated it by eating this strange prickly fruit containing abundant amounts of vitamin C, a prodigious antidote to scurvy.

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It was transplanted on the warm Mediterranean coast and immediately flourished. Migrating birds took care of the rest. They pecked at the fruit, eating the pulp and the seeds, and then… evacuated them in flight, spreading the seeds far and wide.

Called the fico d’India in Italian, the figure de Barbarie by the French (in reference to its origins in faraway barbarous lands), the pêra espinhosa in Portuguese, and the higo chumbo by the Spaniards, the fruit’s commercial potential has never been developed as it deserves. Only in recent years have we begun to see prickly pear jams, jellies, juices and ice creams.

In Milan’s markets these days, it’s quite easy to find such items, and we highly recommend that you take advantage of this. As we mentioned earlier, though, there is a particular method for getting at the fruit.

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First of all, let the fruit sit in water and ice for at least an hour. This will get rid of a large part of the nasty little needles, as well as making the fruit nicer to eat. Be sure to wear kitchen gloves and arm yourself with a knife and a fork, which you will use to hold the fruit still as you cut away the two ends. Slice through the skin from one end to the other, then use the tip of the knife to carefully peel away the skin, being careful not to pierce the pulp.

At this time of year in Sicily, the mature fruit is collected and is considered to be the tastiest. If you’ve never tried a prickly pear, there’s no time like the present!

If you know the fruit well but have never tried the plant’s large green paddle-like leaves, know that they contain high concentrations of mineral salts like manganese, calcium and potassium, as well as vitamins from the A and C groups, a high percentage of water-soluble fibre, and a very low calorie count. The nutritional properties of the prickly pear’s leaves contribute to reducing levels of glycemia and to transforming bad cholesterol into the good kind, thanks to the fibres they contain.

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